“La casa è di chi l’abita” recitava serafico il ritornello di “Dimmi bel giovane”, ma dalla Comune di Parigi ai giorni nostri anche quella per la casa non è mai stata una battaglia scontata. Che siano rap o punk sono tante le canzoni che dalle strade e dai quartieri hanno respirato l’aria liberata delle occupazioni e sputato la rabbia per gli sgomberi. Rime e urla per spazzare via il puzzo stantio della speculazione.
1 COMITATO – LA CASA È UN DIRITTO
2 INOKI – CASA DOLCE CASA
3 STALAG 17 – DIRITTO ALLA CASA
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1 COMITATO – LA CASA È UN DIRITTO
“La casa è un diritto” del Comitato è un brano di culto sulla necessità di alloggi e sulle lotte per la casa, testimonianza del primissimo rap italiano. Sono infatti diversi i rapper più giovani che lo citano, come Uomini di Mare e Pesi Piuma, rispettivamente in “Non farò mai” e “Non dimentico”.
“La casa è un diritto / è un diritto ammesso e non concesso / ammesso e non concesso / ma diritto”. Il pezzo compare nel lato Rapside della raccolta “Italian Posse – Rappamuffin d’azione” datata 1992. Una fotografia incredibile del nascente fenomeno delle posse che avrebbe animato il decennio, combinando sperimentazioni e invenzioni musicali con un’attenzione per temi sociali e politici. Una compilazione che racchiudeva tante formazioni che sarebbero state le punte di diamante di rap, ska e reggae degli anni a venire. Nel libretto sono descritti così: “metropolitani di sangue misto raccontano una storia vera di gente sfrattata per lasciare spazio alle immobiliari mafiose che regnano sulla città. Usano campionamenti, non suonano ma compongono”. “Questa storia me l’ha ra-raccontata un amico / l’ho riscritta in rima e ora ve la dico / abitavo in una casa a Milano / piccola, al sesto piano / avevano lo sfratto e dopo quattro anni li buttarono fuori / per quei malanni che lo stato non riesce a curare / la casa è un diritto? / ma i politici non sanno che fare”. Oltre ai ringraziamenti nel retro dell’album si esprimeva “Massimo rispetto: a tutte le etichette indipendenti, alle posse italiane, ai centri sociali occupati ed autogestiti, ai musicisti, a chi crede e vive nella musica, a tutti i colori della pelle del mondo, a chi difende tutti gli spazi di libertà”. Il brano racconta tramite la “poesia della strada”, rime su rime è il loro modo di narrare. “Questa storia non la sto inventando / seriamente te la sto rappando / nel modo in cui più mi piace, / sulle ingiustizie, troppo si tace”. Comitato erano Solo Zippo, Dj Enzo e Dj Sasha che esordirono con questo singolo (che includeva 4 versioni del brano), poi inciso in “Immigrato” del 1993; inoltre il brano compare anche nell’album solista di Zippo “La mia strada”. “La casa è un diritto? / sì, diritto dell’agiato / perché è questa la realtà / che sia dannato chi sostiene questo tipo di società / chi la voglia di cambiare non ce l’ha”.
2 INOKI – CASA DOLCE CASA
Dai palazzoni delle periferie bolognesi Inoki ha saputo pompare per tutta la nazione un sound fresco e innovativo che ha inondato tutta la scena. Dopo diverse pubblicazioni di successo e una capatina sotto una Major, oltre alla propria attività discografia ha dato vita ad un interessante progetto presente quasi in ogni regione italiana. Dall’esigenza dell’autoproduzione e dal contatto con le strade nasce Rap Pirata, un collettivo che unisce tanti ragazzi attorno alle discipline dell’hip hop, senza dare per scontata un’attitudine contro discriminazioni e sopraffazioni. Sotto il fregio della sua etichetta (lo storico teschio della bandiera dei pirati che indossa il cappellino con la visiera all’indietro è il simbolo del Rap Pirata) è uscito l’album “L’antidoto” del 2014, con le produzioni affidate a Bonnot, un forte ritorno all’underground con contenuti, in cui è incisa “Casa dolce casa”. “Casa dolce casa senza casa io come farò / senza un tetto sulla testa come sopravviverò / a un altro autunno a un altro inverno / a neve e pioggia al freddo maledetto”. Sfruttando appieno la capacità descrittiva e critica del rap Inoki racconta le situazioni a cui assiste quotidianamente: “Il prezzo dell’affitto è qualche cosa di impossibile / la gente spende 400 per le camere. […] Mi basterebbe pure un mono in periferia / un bagno e una cucina poter dire questa è casa mia”. Per quanto moderno, lo stile di Inoki ha mantenuto un contatto con le radici. “Zippo del Comitato diceva che la casa è un diritto, non ci deve costare niente vivere sulla terra”. Sia per il riferimento al rapper, sia per quello che dice, l’introduzione del brano ne è una riprova. “Casa dolce casa quanto costi io ti occuperei / con la forza a tutti i costi io ti prenderei / ma poi mi sveglio coi poliziotti / antisommossa sgomberi coatti / e tra avvocati processi ci spendo uguale / casa dolce casa per averti come devo fare?”. Il tema della canzone compariva anche nel suo pezzo più politico quando diceva: “Il mio Paese se ne fotte / di pianti, di lotte, / di quanti stanno al freddo stanotte”. […] Io lo vedo come vivono le persone / in questa mia nazione, / perciò rifiuto il vostro tricolore: / rosso, come il sangue di Carlo Giuliani; / bianco, come la chiesa e le sue lunghe mani; / verde, come le mmm della Lega / il mio Paese se ne frega”.
3 STALAG 17 – DIRITTO ALLA CASA
Nello split “Né buoni né cattivi… soltanto incazzati” del 1983, diviso con gli Irha, gli Stalag 17 presentano anche la loro “Diritto alla casa”. Nati nel capoluogo emiliano nel ’79, sono una delle primissime voci del punk anarchico della città. “A Bologna c’è chi vive bene / chi ha una casa e due televisori / va a lavorare e vizia i suoi marmocchi / e se ne fotte di chi agonizza nel buio”. Ascoltandoli, si può sentire distintamente che le loro urla sono quelle di schiavi. Ma gli Stalag 17 non erano schiavi qualsiasi, erano schiavi nella “città più libera del mondo”. La frase di Renato Zangheri, il sindaco di Bologna che represse con i blindati dell’esercito la rivolta del ’77, divenne il titolo perfetto per il primo Ep dei crestati insofferenti ai ceppi del regno delle Due Torri. Nella compilation la band propone “Potere fottuto” e “Bologna Reprime”, titoli e testi che non ci girano molto intorno. In “Diritto alla casa” gridano tutta l’urgenza di avere un luogo in cui poter vivere senza subire speculazioni. Prendersi le case era ormai da anni parte dell’agenda dei nuovi proletari, eredità raccolta anche dai punk, abbinata all’accaparramento e all’autogestione di spazi di vita, aggregazione e lotta. La canzone graffia pur senza essere vigorosa. La voce quasi parla e senza preavviso a volte invece urla straziata, mentre il lento componimento rimane monotono e senza esplosioni. Il testo ci racconta della Bologna dell’epoca, spaventosamente simile a quella di quaranta anni dopo. “A Bologna l’egoismo vige sovrano / chi non ha casa / viene segnato / è un parassita e dev’esser soppresso / per rendere Bologna / una città più pulita”. Per gli Stalag la questione è tanto pragmatica quanto le parole che utilizzano per denunciarla. In anni molto più recenti si sono riformati, proponendo dal vivo una sostenuta dose di cover di classici del punk.
En.Ri-ot